sabato 8 ottobre 2016

Carlo Smuraglia, le ragioni del NO


Questo è ciò che vorrebbero..

Abbiamo veramente bisogno di meno politica?







Nell'articolo che segue si spiega tra l'altro perché le ragioni del No da sinistra sono molto diverse da quelle della destra, come una facile e demagogica propaganda vorrebbe far credere. Diverse da quelle della destra berlusconiana o ex berlusconiana che quella riforma iniziò a votare di buona lena per poi ritirarsi sdegnata dopo l'elezione di Mattarella. Diverse da quelle di chi vuole semplicemente mandare a casa Renzi (magari con qualche ragione) ma non entra nel merito delle questioni sul tappeto. Diverse da quelle dei 5 stelle, che spesso si limitano ad una propaganda genericamente anti-casta.


I sostenitori del “ SI’ “ (Governo e Partito Democratico in testa) stanno intensificando la campagna, utilizzando presenza di Ministri, illustrazioni di iniziative di Governo, argomenti di schietto carattere populista, lasciando sempre più sullo sfondo le questioni di merito. Salvo, poi, lamentarsi perché gli italiani e le italiane conoscono poco della riforma ed hanno bisogno di essere informati.
Prendo a caso due temi, frequentemente ricorrenti nelle parole e negli interventi soprattutto di Renzi: “diminuiamo i politici” e “la legge elettorale è meno importante della riforma del Senato, quindi possiamo anche cambiarla, se ciò è utile a chiarire le incertezze”. Due temi veramente non consoni ad una campagna referendaria che voglia davvero informare. Il primo: “mandiamo a casa (o diminuiamo) i politici”. Davvero abbiamo bisogno di meno politica?
Oppure ci occorre più politica, ma vera, seria, incorruttibile e disponibile a lavorare per il bene del Paese, e non per interessi particolari? Qui sta il grande equivoco che si vuole creare, approfittando della scontentezza di tanti cittadini di fronte a istituzioni e partiti. Ma ciò che non va, ed è evidente per tutti, è la cattiva qualità di questa politica, fatta di annunci, di dichiarazioni, di promesse, di “mance”; una politica che ci fa assistere allo spettacolo di più di duecento parlamentari che cambiano gruppo politico nel giro di pochi mesi, e certamente non per ragioni ideologiche; una politica in cui si cerca di salvare i corrotti dalle indagini giudiziarie e si vedono con sfavore le intercettazioni, che pure hanno reso grandi servizi alla causa della lotta contro la mafia e contro la corruzione.
Una politica in virtù della quale leggi importanti giacciono in Parlamento da tempo (parlo delle leggi sulla tortura, sullo jus soli, sulla giustizia, sulla prescrizione, e così via) non per il rimpallo tra Camera e Senato, ma perché c’è chi ne ostacola l’iter, per ragioni di partito o di gruppo.
Davvero, tutto questo si risolve mandando a casa un po’ di “politici “? Oppure si tratta solo di un modo di rivolgersi alla “pancia” - come si dice con una brutta espressione – anziché alla ragione? Qui sta proprio il peggior populismo:
sollecitare gli istinti più elementari, per evitare il ragionamento serio e gli argomenti, veri, che occorrerebbe trattare.
Si pensi alla diminuzione di parlamentari, dichiarata a gran voce come un fatto decisivo. Ma perché si vorrebbero mandare via duecento Senatori, lasciando intatto il numero dei Deputati? Perché quelle dei Senatori sarebbero “poltrone” e quelle dei Deputati no? In molti interventi, ho chiesto – invano - perché, volendo ridurre il numero complessivo dei parlamentari per ragioni di funzionalità, non si è pensato ad una riduzione proporzionale tra le due Camere.
Eliminando duecento deputati su seicentotrenta e cento senatori su trecentoquindici, si sarebbe ottenuta una riduzione equamente ripartita ed un “risparmio” maggiore, perché alla fine, invece di duecento posti in meno - previsti da questa legge di riforma - ce ne sarebbero stati addirittura trecento.
Non lo si è fatto e non si riesce a ottenere una spiegazione, solo perché l’intento era semplicemente quello di svilire il Senato. Non c’entrano le poltrone, non c’entra la politica (che ha bisogno di essere riformata, ma in ben altro modo) e non c’entra il risparmio, già modestissimo, ma che nell'ipotesi di una riduzione proporzionale tra le due Camere sarebbe stato addirittura maggiore.
Dunque, non ci raccontano la verità e non ci dicono quali sono i reali propositi.
Inoltre, lo fanno cercando di approfittare di alcuni sentimenti (taluni anche giusti) che corrono tra i cittadini, per ottenere un risultato che non va nell'interesse del Paese, ma in quello del partito che, ipoteticamente, vincerebbe le elezioni, avrebbe la maggioranza assoluta alla Camera e non troverebbe più ostacoli al Senato.

E non ci si dica che non proponiamo nulla. Fra l’altro, sosteniamo da tempo la necessità di una rigenerazione, di un rinnovamento della politica; e lo sosteniamo sempre, chiarendo che non è questione di numeri, ma di comportamenti, di obbedienza al dettato dell’art. 54 della Costituzione che vuole che le funzioni pubbliche siano esercitate con “disciplina e onore” ed a quello dell’art. 49, che vuole che i partiti siano associazioni democratiche che
consentono ai cittadini, per loro mezzo, di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E ancora: è il caso di farla finita con l’assunto, più volte “gridato”, che se non passa questa riforma, se ne riparlerà
fra vent'anni. Ma perché mai? Alla Costituzione si è messo mano più volte (sedici) dal 1948 in poi, ed altre volte si è tentato di farlo, non trovando poi il consenso necessario (una volta nello stesso Parlamento ed un'altra da parte dei
cittadini). Se non passa la riforma, nulla impedisce di discutere, da subito, su quell'aggiustamento del “bicameralismo perfetto” che si potrebbe fare in poche settimane, con un consenso diffuso. E addirittura si potrebbe approfittare dell’occasione per fare ciò che ora non si è fatto (favorire davvero la partecipazione dei cittadini alla produzione legislativa; definire uno Statuto delle opposizioni e così via). Sarebbe sempre buon tempo per compiere finalmente quella “rigenerazione della politica” cui più volte abbiamo fatto - invano - riferimento. L’altro grande tema sul quale si cerca di influenzare la campagna referendaria è quello relativo alla rilevanza della legge elettorale. Dapprima c’è stato detto che la legge elettorale non c’entra con la riforma del Senato, ma poi sono stati smentiti dalla Corte Costituzionale che, rinviando a dopo il Referendum l’esame della legittimità dell’Italicum, per non influenzare la campagna in corso, ha dimostrato che c’è un intimo nesso. A questo punto, si è dovuto riconoscere che la legge elettorale c‘entra, eccome, visto che il “combinato disposto” con la riforma del Senato è tutt'altro che un parto della mente dei sostenitori del “ NO “, ma un’effettiva e pericolosa realtà, così che si è cominciato a dire che la legge elettorale si può anche cambiare. E’ singolare che ora “tutti” lo chiedano, questo cambiamento, naturalmente non nell'interesse del Paese, ma ciascuno nel proprio. Alla fine, Renzi ha “ceduto” ed ha cominciato a dare la sua disponibilità. Strano, perché quella legge gli piaceva molto, al punto da imprimerle un corso del tutto peculiare, con l’azzeramento
degli emendamenti, il rigetto di ogni sorta di miglioramento ed infine, col sottoporla al voto finale con la fiducia. E’ del tutto evidente che questa “disponibilità” è dovuta all'intento di accontentare qualcuno, all'interno del Governo e qualcuno anche all'interno del suo Partito. Ma davvero una legge elettorale può cambiare per ragioni come queste? Ed ancora, perché mai non si parla, se non a denti stretti, del vistoso premio di maggioranza e ancor meno dei cento nominati? Bisogna avvertire i cittadini che non si tratta d’altro che delle classiche “promesse da marinaio”; posto che, prima del 4 dicembre, non è materialmente possibile l’introduzione di qualsiasi modifica. Tutto il resto sono chiacchiere, promesse, parole al vento, che si dissiperanno – dopo il 4 dicembre – come nebbia al sole. Oppure, finiranno, comunque, nel nulla, nella impossibilità di raggiungere qualche punto fermo, su un tema sul quale ci sono tante idee diverse quanti sono i partiti e i gruppi parlamentari. Nel frattempo resta intatto il disegno complessivo: la conquista della maggioranza assoluta alla Camera, senza avere un vero contropotere in un Senato ormai svirilizzato.
E’ tutto qui, il nocciolo del problema. L’abbiamo detto più volte: a noi questo disegno non piace, non per una questione di “ gusti “, ma perché lo riteniamo pericoloso per il Paese, che ha diritto ad un vero sistema democratico, sia per quanto riguarda la legge elettorale, sia per ciò che attiene all'esistenza di due Camere, con alcune differenziazioni tra loro, ma parimenti valide, sul piano del
bilanciamento dei poteri.
Carlo Smuraglia, da ANPI news n. 217

Approfondimenti: la Costituzione vigente e le modifiche con testo a fronte

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