sabato 7 gennaio 2017

Le contraddizioni americane, 1



Sette gennaio






In questa musica c’è tutta l’America, con i suoi umori contrastanti...


Il giorno seguente l'ennesima strage americana, esorcizzando il panico che altrimenti coglierebbe me come chiunque abbia in quella terra stranissima e lontana parenti amici o semplici conoscenti, mi piace ricordarlo come una data importantissima nella storia della musica. 

Era proprio il 7 gennaio,  del 1924, quando George Gershwin completò la scrittura della Rapsodia in blue,  eseguendola in pubblico dopo meno di un mese nella primitiva versione per pianoforte e piccola band.

La rapsodia nella versione per piano solo


L'esecuzione, alla quale erano presenti Stravinsky  e Rachmaninof, fu un enorme successo e rappresentò una pietra miliare nella costruzione della musica americana colta, con Gershwin che tentava di legare insieme, riuscendovi, la tradizione classica europea con le sonorità e i ritmi della musica afro-americana. 


Da www.il pianosolo.it: 


È proprio quanto accade nella rapsodia gershwiniana: il tema principale, introdotto in apertura dal clarinetto, viene poi rielaborato dal pianoforte, successivamente affidato all'orchestra, destinato a cedere il passo ad altri temi, altre melodie, ma comunque ricorrente. Questo tema riemerge, a volte mascherato, trasformato, in vari punti della composizione, alternandosi con altri temi, subendo variazioni ritmiche e dinamiche, elaborazioni armoniche, per riproporsi, quasi parola definitiva e unificante, nel finale. Elaborazione tematica a vari livelli dunque, a cui l’aggettivo “blue” conferisce il colore ed il linguaggio di uno dei più autentici prodotti della cultura americana: il blues appunto.

Gershwin definì in prima persona la sua “rhapsody”: “una sorta di multicroma fantasia, un caleidoscopio musicale dell’America, col nostro miscuglio di razze, il nostro incomparabile brio nazionale, i nostri blues, la nostra pazzia metropolitana” e basta ascoltare la sua musica per sentire quanto vera sia questa definizione. In questa musica c’è tutta l’America, con i suoi umori contrastanti, con i rumori delle sue città, con quell'energia e quel senso concreto del fare che la connotano da sempre.


Continua in: Il secondo emendamento




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