giovedì 27 aprile 2017

La nuova emigrazione italiana, 6

Un cervello in fuga...




L'emigrazione "estrattiva"







Riportiamo in questa serie di articoli una sintesi dell'intervento di Rodolfo Ricci (FIEI – Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione) svolto al Seminario organizzato a Roma dalla Fondazione di Vittorio su “Migrazioni, crisi, lavoro" lo scorso 12 Aprile. Nella relazione si fa il punto  sull’effettiva consistenza del nuovo flusso emigratorio dall’Italia che, stando ai dati forniti da istituti statistici europei, risulterebbe essere superiore fino ad oltre 4 volte ai dati Istat/Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Altrettanto sorprendente è che allo stesso tempo, il flusso emigratorio degli italiani verso l’estero risulterebbe ormai essere circa il doppio degli arrivi di immigrati economici e profughi insieme.



La NUOVA EMIGRAZIONE può essere considerata come una della più significative manifestazioni della crisi attuale del paese (e anche degli altri paesi del sud Europa). E allo stesso tempo una delle manifestazioni più preoccupanti delle proiezione declinante dell’Italia nello scenario internazionale. Ed è forse (una valutazione che lasciamo agli storici) la conferma di una caratteristica strutturale dell’ incapacità di valorizzazione del proprio capitale umano, del nostro paese.
Per i seguenti motivi:
a) medio-alta scolarizzazione della nuova emigrazione (oltre il 60% risulta diplomato o laureato)
b) la nuova emigrazione si sviluppa in uno scenario globale di flessione e di crisi economica e non di sviluppo, come avvenuto nei periodi 1900-1915 o 1945-1970.
c) la nuova emigrazione si sviluppa in uno scenario di flessione demografica del paese (accanto ad una parallela flessione che riguarda anche gran parte dei paesi che costituiscono meta di arrivo degli italiani) e non, come avvenuto dei periodi precedenti, di crescita e surplus demografico.
L’impressione è che quindi ci si trovi di fronte ad una nuova tipologia di migrazione che potrebbe essere definita “estrattiva” o di drenaggio di risorse, analogamente a quanto si definisce con questo termine, lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali nei paesi periferici, ripreso negli ultimi decenni, da parte del grande capitale multinazionale che trova la sua collocazione solo in alcuni paesi guida, e in contrasto con ipotesi alternative di sviluppo che compendiano la possibilità di una crescita sostenibile dal punto di vista sociale ed ecologico. Cioè di un equilibrio tra risorse disponibili ed paesi/aree/continenti. Ovviamente, questo è un discorso che riguarda sia la nostra nuova emigrazione che l’immigrazione terzomondiale verso l’Italia e l’Europa.
Il fatto che paesi come la Germania stiano sviluppando un piano di acquisizione di risorse umane dal resto del mondo per contenere la propria flessione demografica (- 10milioni previsti per il 2050), così come altri paesi sviluppati o in via di sviluppo stanno facendo o cercando di fare, configura il fenomeno della nuova emigrazione italiana entro scenari anche teorici in parte diversi da quelli su cui storicamente abbiamo ragionato: appare sempre più difficile sostenere un’idea di emigrazione come risorsa che può alimentare (attraverso le rimesse o la crescita di competenze di ritorno) i paesi erogatori e allo stesso tempo ridurre le tensioni sociali ed economiche causate da una sovrappopolazione rispetto alla capacità di assorbimento delle rispettive economie di partenza dei flussi.
Sembrerebbe più adeguata una lettura dei nuovi flussi, come flussi aspirati (o accaparrati) dai paesi più forti, visto che il circuito di valorizzazione capitalistica li esige parallelamente allo sviluppo tecnologico che sono in grado di attivare più e meglio di noi. Vi sarebbe anche da riflettere sulla possibilità che lo sviluppo tecnologico e l’automazione, necessitino, dal punto di vista della valorizzazione capitalistica, non di una riduzione, ma di un aumento delle risorse umane qualificate a disposizione. Per questo la nuova emigrazione è caratterizzata da alti livelli di scolarizzazione e di competenze (come peraltro definito in modo cristallino dalla Legge sull’immigrazione approvata
in Germania all’inizio del 2.000, che regola i flussi di ingresso in base alla qualità della risorsa immigrazione). Cosa riconfermata in occasione dell'”apertura” all’ingresso dei profughi siriani in quanto portatori di livelli di scolarizzazione e di competenze abbastanza elevate.
Allo stesso tempo, si può dire, per quanto ci riguarda, che nell’ambito di una crisi che ha distrutto oltre il 20% del potenziale industriale del Paese, ci troviamo di fronte ad uno scenario analogo a quello di un dopoguerra, con esuberi di risorse umane rispetto al potenziale industriale attivo, pur in presenza di un deficit demografico.

Dal punto di vista dei paesi accettori, questo accaparramento, soddisfa non solo l’esigenza a breve termine del sistema economico dei paesi di arrivo, ma risulta indispensabile, a lungo termine,  anche per contenere il proprio deficit demografico. In questo senso, la mercificazione del lavoro, raggiunge i suoi più avanzati livelli e si coniuga con la progettazione di società del futuro ad alta o meno alta competenza diffusa.
Il che equivale a dire che il posizionamento internazionale di paesi che fino ad ora erano relativamente collocati su livelli simili, pur con differenziazioni importanti, può bruscamente e definitivamente variare in direzione di una ricollocazione nei livelli medio-bassi della divisione internazionale del lavoro (per l’Italia).

Nei paesi di partenza, se questo trend  si consolida, inevitabilmente, ci si troverà di fronte, a medio termine, a ricadute negative: peggioramento dell’equilibrio demografico e carenza di competenze di medio-alto livello per lo sviluppo.

La proiezione dello Svimez (Qui la sintesi del rapporto SVIMEZ 2016) riguardo al meridione a metà secolo (con una riduzione di 4,5 milioni di popolazione al 2050), in mancanza di politiche alternative, può riguardare anche buona parte del resto del paese ed è, in modo inquietante, parallelo alla previsione dei 10milioni di ingressi progettati dalla Germania nello stesso periodo. Vi è da rilevare, a questo proposito,  che gli ingressi in Germania, negli ultimi anni, non provengono da paesi extraeuropei (Asia o Africa), ma in parte preponderante dai paesi europei limitrofi (dell’est e del sud Europa: Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Italia, Spagna Croazia e Portogallo).

La nuova emigrazione, può costituire, da questo punto di vista, un nuovo Eldorado per i paesi di arrivo e un grande problema nazionale per quelli di partenza; non si tratta solo di una questione di natura politica o morale, è piuttosto un’indicazione di assoluta evidenza degli scenari attuali e di quelli che possono presentarsi a medio-lungo termine. (Continua qui)

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